I'm not a dumb blonde. I'm just drawn that way

22 dicembre 2012

Propositi per le vacanze di Natale

1) Rivedere tutte le puntate di Gossip Girl

2) Finire almeno due libri

3) Passare così tanto tempo a mollo nella vasca da bagno da farmi venire mille grinze

4) Mettere ordine nelle faccende blog e finire i post in pubblicazione da millenni

5) Aggiornarmi su tutte ma proprio tutte le ultime tendenze di moda

6) ************** (vietato ai minori)

13 dicembre 2012

Il 14 dicembre #leaveamessage!


Vi capita mai di avere una giornata storta, di essere nervose per qualche motivo, di vedere tutto nero, e poi succede una piccola cosa, una stupidaggine, qualcuno che vi fa una gentilezza, un raggio di sole fra i palazzi della città, un fiore sul marciapiede, e improvvisamente sorridete?

Ecco in due parole il significato di #leaveamessage!

L'idea è di Chiara Santamaria, blogger di Machedavvero, che in un post un anno fa lancia una piccola provocazione: scrivere su un biglietto una frase incoraggiante, un pensiero positivo, una battuta per far sorridere, e lasciarle laddove possano essere trovate.
Ecco che su tram, aerei, panchine, cabine telefoniche e ogni posto possibile della città sono spuntati piccoli pezzetti di carta, e #leaveamessagge è diventato addirittura trending topic su Twitter, e ha fatto parlare di sé stampa e radio.
Uno è stato trovato sotto un barattolo di Nutella...gnam!

Domani 14 dicembre #leaveamessage ritornerà, e avrà anche una buona causa: aiutare l'Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, promuovendo fra tutti i partecipanti una donazione: non è obbligatoria, ma anche un piccolo gesto può essere importante per continuare a curare i piccoli malati e supportare la ricerca. Ci sono tanti modi per fare una donazione: visitate il sito del Meyer per tutte le info.

Ma torniamo al punto: come partecipare domani a #leaveamessagge!

1. Procurati un fogliettino qualsiasi, o scarica e stampa questo qui:


2. Scrivici sopra una frase carina, che ti piacerebbe leggere e che ti strapperebbe un sorriso.

3. Lascia il biglietto in un posto dove può essere trovato per caso.

4. Come sapere se il vostro biglietto è stato trovato e letto? Semplice, twittate un indizio con l'hashtag #leaveamessage e la vostra città, e scatenate la caccia! Potete anche postare su Facebook linkando a questa pagina, oppure utilizzare Instagram sempre col tag #leaveamessage. Ovviamente scrivete anche il testo dei biglietti che trovate, in modo che chi li ha scritti riesca a sapere che sono stati letti :)

5. Mandate una mail a Chiara (machedavvero@gmail.com) col testo del vostro messaggio per aiutarla a tenere traccia dell'iniziativa.

Tutto chiaro??

Pronti, partenza...#leaveamessage!

12 dicembre 2012

Teatro

Un siparietto che ricorre frequentemente dal mio primo anno di università.

"C. ma racconta, di cosa ti occupi?"

"Teatro"

"No, intendevo di lavoro"

...

5 dicembre 2012

A Natale puoi (dedicato a Emme)

Qualche settimana fa, scorrendo Twitter distrattamente, mi cade l'occhio su un post: "Mancano 54 giorni a Natale". E' di Emme (@Emme_wonder), e rimanda ad un brano del suo blog che, come sempre per lei, è al limite del geniale.

Comincia così:

Qualcuno, oggi, mi ha ricordato che mancano 54 giorni a Natale. 

D’un tratto ho sentito quella musichina che di solito si sente nei film horror quando la povera vittima si rende conto di essere sola, con il telefono fuori uso e il tipo mascherato e con una motosega in azione al piano di sotto.  

Ta-ta-ta-tà. 

 “Solo 54?”, ho pensato. 

 E subito pensieri tristi e da sociofobica hanno affollato la mia mente. 

"Ma che davvero?".

Il resto ve lo leggete qui, così scoprite Emme nel caso non la conosceste. Dopo che l'avrete finito, e che avrete finito di ridere (per la prima parte) e di farvi venire il magone (per la seconda), avrete solo due scelte: essere completamente d'accordo con Emme, o sentire la necessità di pensarla all'esatto opposto e di scrivere un "contro post", che è quello che farò io, dopo averlo a lungo promesso alla nostra ex principessa.

Ché essendo io tuttora principessa nonché bionda mi sembra un atto dovuto.

Quindi.

Qualcuno, oggi, mi ha ricordato che mancano 54 giorni a Natale. 

"Così tanti??", ho pensato. 

Spaventata, ho immediatamente fatto partire la playlist "Christmas Time" su iTunes per tranquillizzarmi.

"It's beginning to look a lot like Christmas... everywhere you go..."

Già meglio.

Non importa se fuori è ancora così caldo che mia madre nelle Marche va al mare. Dal 1 settembre, l'estate è finita, e se l'estate è finita, il Natale sta arrivando. In mezzo ci sono solo pochissime cose, come la Vogue Fashion Night Out, la settimana della moda, l'apertura delle stagioni teatrali, e poi la sento, inconfondibile, calda e avvolgente.

L'atmosfera natalizia.

E' fatta solo di cose che ti mettono il buonumore. L'odore di pino dell'albero. L'aria frizzantina che preannuncia neve. La città in cui scende buio presto, ma si accendono mille luci. Le confezioni dei regali, tutte verdi e rosse. La corona appesa alla porta che ti saluta quando torni a casa. La cioccolata calda, la cannella e le arance. 

Il Natale è la musica. Che praticamente è come dire "Il Natale è Michael Bublè". 
L'album "Christmas", che ha riletto tutti i grandi classici in chiave swing, riesci ad ascoltarlo per ore senza sentirti (troppo) stucchevole. Ormai so tutte le canzoni a memoria, il che ha significato anche arricchire il mio inglese di un apparato lessicale specifico che va da "mistletoe" (vischio) a "Jack Frost" (una descrizione allegorica dell'inverno rappresentata come un elfo che fa nevicare).
Immaginate quanto mi tornerà utile in futuro.

Il Natale è decorazioni. 
Se non vivessi in 40 mq vi assicuro che ne avrei comprate molte di più, ma già così sono dovunque. Dalla tavola al pianoforte, dall'albero in sala agli angioletti in camera da letto: la casa sembra diversa, è pervasa dalla magia.

Il Natale è cucina.
Ogni anno qualcosa di diverso, da regalare come pensierino, da portare in ufficio, da fare insieme alle amiche per la cena tutte insieme. Perchè quello che cucini è unico, l'hai fatto tu con le tue mani, è il migliore dei regali possibili.

Il Natale è i film sul divano con le cugine.
In un'opzione di scelta ristretta fra A) un film della Disney, ma di quelli vecchi, come "La spada nella roccia" B) un classico intramontabile e lacrimevole, come "Il piccolo lord" C) un film romantico a tema, come il mio favorito "L'amore non va in vacanza", ben noto in famiglia perchè "Ho visto Harry Potter ed era più realistico", e quindi solitamente classificato sotto la voce "fantasy". 

Il Natale è la lista dei regali, che fra tutto è in assoluto la prima cosa da fare.
Elenco completo delle persone a cui comprare un regalo o anche solo un pensierino, per ciascuna budget di spesa, e ovviamente la lista è numerata perchè bisogna poter contare quanti biglietti servono, quanta carta da regalo, quanti chiudipacco.
(Ok. Ammetto di essere un tantino esagerata in questa parte. Ma faccio l'organizzatrice nella vita, non concepisco un altro sistema per fare le cose. Non sarebbe ugualmente funzionale. Dai.)
Adoro fare i regali, è una cosa che mi piace in generale, ma le mie giornate sono delle corse contro il tempo, e i compleanni me li dimentico regolarmente insieme a tutta la mia vita privata, con conseguenti corse disperate alla ricerca di uno straccio di cosa da portare ai festeggiati di turno.
A Natale è improvvisamente diverso. Natale arriva il 25 dicembre, impossibile da scordare, e ci sono almeno tre mesi in cui dedicarsi alla ricerca del regalo perfetto. Girare per negozi senza intenti particolari, e pensare "Questo piacerebbe da morire a Ginetta!". Ricordarti per qualche motivo del viaggio a Timbuctù fatto con Vergingetorige tre anni fa, e decidere di comprargli qualcosa che richiami quel pazzo weekend. Sbatterti tantissimo per ordinare su internet un pezzo introvabile di quella collezione che piace tanto a Sempronio. 
Avere finalmente il tempo per essere certa che, nell'istante in cui scarteranno il regalo, i tuoi amici sorrideranno capendo che li hai pensati davvero, quando lo hai scelto.

Ma soprattutto, "A Natale puoi".

Perchè dovresti farlo tutto l'anno ma la vita è complicata e spesso non si dà la giusta importanza alle cose. Se non segnassimo sul calendario un giorno in cui fermarci ed essere costretti a passare del tempo con la nostra famiglia, potremmo a breve smettere di farlo (in teatro, sicuramente).
A Natale puoi fare l'albero con la mamma come quando eri piccola, e non ti facevano toccare quelle bellissime palle di vetro comprate ai mercatini in Germania. 
A Natale puoi sederti davanti al fuoco a vedere la televisione con la nonna perchè non hai niente da fare, e anche se non parlate a lei fa piacere.
A Natale puoi fare le quattro del mattino a leggere come quando eri in vacanza al liceo, perchè anche il tempo per se stessi è tempo importante.
A Natale puoi scrivere un biglietto per ogni regalo, per ogni persona, e prenderti del tempo per dire GRAZIE di essere nella mia vita, grazie di volermi bene, grazie di tutto quello che abbiamo fatto insieme. 
Biglietto rigorosamente dell'Unicef o simili, perchè un'altra cosa che A Natale puoi è ricordarti che c'è un mondo intorno a te, e magari riprometterti, se non di partire per l'Africa come missionaria, almeno di salutare più spesso ai vicini di casa, di essere gentile con i commessi dei negozi anche quando hai fretta, di sorridere camminando per strada anche agli sconosciuti perchè basta poco a trasformare una brutta giornata in una bella, perchè sono le piccole cose che fanno la differenza.

Insomma, adoro il Natale, quello che significa per me e che può significare per tutte le persone.
Perchè non bisognerebbe mai smettere di sognare, e almeno una volta l'anno dovremmo ricordarci di farlo.




"Once upon a time in a town like this 
 A little girl made a great big wish 
 To feel the world full of happiness
 And be on Santa’s magic list


 Shake it up
 Shake up the happiness
 Wake it up
 Wake up the happiness
 Come on you all
 It’s Christmas time"





Per ogni Grinch c'è sempre anche una Cindy Lou.






29 novembre 2012

Il diavolo lavora in casa editrice

Sono una divoratrice di libri. Always had, always will.

Quest'anno sto facendo la lettrice settoriale. Ho attraversato la fase (molto lunga) di Song of Ice and Fire, la primavera distopica, l'estate di Larsson, l'autunno delle biografie, ed eccomi pronta per una rinnovata ed intensa fase Japan, in cui mi propongo di completare la spunta degli Haruki Murakami rimasti e di scoprire qualche altro bel romanzo del Paese del Sol Levante. 
 Vado in libreria e noto che, edizione 2010 ristampa economica 2011, c'è "Nel segno della pecora", che addirittura la quarta di copertina definisce "il romanzo che ha rivelato al mondo il genio di Murakami". Imperdibile, ecco il tassello da cui cominciare. Ed effettivamente, attacco a sfogliare le prime pagine già di ritorno verso casa. 

 C'è un protagonista senza nome che sembra aver perso il senso della vita (familiare). Divorzia dalla moglie senza una motivazione precisa, come se fossero semplicemente due barche alla deriva che la corrente allontana inesorabilmente (molto familiare). Un amico d'infanzia del protagonista, anche lui anima inquieta, é partito per un viaggio e gli scrive strane lettere, in una delle quali acclude una fotografia di pecore (Nocera pecore? Sarà un caso!). Da questa fotografia, usata dal protagonista in un servizio pubblicitario, si dipana una matassa di eventi complicatissima: un'organizzazione con a capo il Maestro, ha come simbolo proprio una pecora, ed il nostro si ritrova in breve alla ricerca di questa pacifica bestiola, direzione Sapporo (deve essere proprio una passione di Murakami, l'Hokkaido). Lo accompagna la sua nuova ragazza, con delle orecchie bellissime dai misteriosi poteri (acuto campanello di allarme). I due arrivano a Sapporo, e il sesto senso di lei li guida all'Hotel Delfino. 

NO, FRENA. HOTEL DELFINO???? 

Ed ecco che i pezzi del puzzle combaciano, e ti rendi conto che hai davanti il protagonista di "Dance, Dance, Dance", e quella che lo accompagna, dieci a uno, deve essere Kiki. La pecora ha qualcosa a che fare con l'Uomo Pecora, c'è da scommetterci. 
Così faccio la mia brava ricerchina su Google, e scopro che per quanto in Italia "Dance" sia stato pubblicato nel 2005, e "Nel segno" ben 5 anni dopo, il primo altro non é che il seguito del secondo (frase dal lessico complesso che ben esprime però il modo focale del problema). Mi rileggo la quarta di copertina, per non sbagliare, ma non si fa alcun accenno al fatto che un altro libro già pubblicato dalla stessa casa editrice abbia una connessione con questo. 
 Einaudi nei miei confronti ha dei precedenti simili: vi dice qualcosa la cronologia di pubblicazione delirante delle serie del commissario Adamsberg? 

Ho passato i successivi dieci minuti a ribollire letteralmente di rabbia. Ho amato "Dance Dance Dance", anche se l'ho trovato estremamente complicato e difficile da seguire in certi passaggi: comincio a chiedermi se il motivo non si debba trovare nel fatto che mi mancavano dei dettagli che l'autore, bontà sua, pensava a ragione di avermi già fornito. Non aveva fatto i conti con le scelte di traduzione e pubblicazione italiane. 
Che senso ha pubblicare un sequel prima del suo volume originale? 
Se scegli di tradurre Murakami, lo farai perché riterrai che abbia valenza in quanto autore, e sebbene io possa ipotizzare che "Dance" ti attragga perché ha avuto particolare successo, non potrai certo, cara Einaudi, escludere che ce l'abbia avuto come SEGUITO di qualcosa di altrettanto successo. Praticamente, come cominciare a pubblicare Harry Potter dalla "Camera dei Segreti" perché nel mondo "La Pietra Filosofale" aveva venduto tanto. 
Ma si può?? 

Ho continuato a seguire il viaggio del protagonista con un certo fastidio. Ero contenta di averlo ritrovato, e contemporaneamente non riuscivo a godermi più nulla, mi si mescolavano le impressioni di quel che sarebbe accaduto dopo, e avevo fretta di arrivare alla conclusione per poter finalmente veder riallacciato il filo rosso di questa storia. 
 Certo, la casa vuota nel pascolo non mi ha lasciato un'impressione meno forte, anzi é stato doppiamente impossibile non ricollegare quel senso di oppressione e sottile inquietudine al corridoio buio del Dolphin Hotel, quasi a sancire che solo quel brivido può accompagnare le apparizioni dell'Uomo Pecora e del Sorcio. 
La pendola, la polvere, la musica, la neve: come al solito Murakami trasforma in simboli i suoi piccoli dettagli, e trasforma la realtà in qualcosa di magico e dal valore escatologico. Sono stata triste per il Sorcio, e arrabbiata insieme al protagonista quando mi sono resa conto che era lui l'Uomo Pecora, e che poteva solo essere morto, anche se in grado di farsi salvare dall'amico, e di contrastare il potere della pecora e dell'uomo in nero (il cavo rosso col cavo rosso, il cavo blu col cavo blu...). 

Ma alla fine del libro, quando sono corsa a rileggere tutte le mie impressioni su "Dance Dance Dance", mi é rimontata l'irritazione: era stata una lettura così intensa, chissà quanto più l'avrei trovata completa potendo leggerla alla luce di quello che avevo appena scoperto. Chissà se alla fine quel senso di inquietudine se ne sarebbe andato, oppure se sarebbe stato ancora più forte. 
Gli scheletri, poi, avrebbero finalmente avuto tutti un volto, per me? 

Einaudi, ti biasimo per le tue scelte. E non ti perdonerò mai per avermi anche solo parzialmente rovinato un Murakami!

24 novembre 2012

Essere bionde

L'altro giorno ero a cena, dopo uno spettacolo teatrale, con il Direttore di uno dei più importanti festival d'Italia:

"Che poi tu, essendo bionda, è come se nella vita avessi già fatto metà del lavoro"

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